Silvio Garattini, internazionalmente riconosciuto per i suoi studi e le profonde conoscenze in campo medico, ha pubblicato uno stralcio del suo libro “Invecchiare bene” sul mensile dell’Istituto di ricerche farmacologica Mario Negri Irccs di cui è presidente. Lo offriamo all’attenzione dei nostri lettori perché stimola ad una “rivoluzione culturale” nel modo di concepire la sanità sia da parte dei medici, sia del pubblico che ne usufruisce i servizi.
Siamo una popolazione longeva. L’Italia infatti è ai primi posti nel mondo con la sua attesa di vita alla nascita di 81 anni per il maschio e 85 per la femmina (dati pre covid-19). Tuttavia se misuriamo ciò che è più importante e cioè la durata di vita “sana” la nostra popolazione in classifica scende notevolmente perché abbiamo ben 6 anni per i maschi e 8 anni per le femmine di cattiva qualità di vita dovuta a una o più malattie.
Occorre tuttavia considerare che le malattie non piovono dal cielo, ma siamo noi che ce le auto infliggiamo non rispettando le buone abitudini di vita.
È importante perciò sapere che molte delle malattie dell’età matura sono evitabili. La letteratura scientifica certifica ampiamente che oltre il 50 percento delle malattie croniche sono evitabili.
Diabete, malattie cardiovascolari, malattie respiratorie, insufficienze renali – per citare alcune condizioni – non avvengono per caso ma dipendono da noi. Oltre il 70% dei tumori sono evitabili eppure ogni anno solo in Italia muoiono circa 180.000 persone a causa del tumore.
Come mai siamo così irrazionali? Tutti sappiamo cosa si dovrebbe fare: non fumare, non bere alcolici, non ricorrere alle droghe, non aumentare di peso e invece mantenere una alimentazione varia e moderata, fare esercizio fisico ed intellettuale, dormire almeno 7 ore per notte.
Uno studio condotto in Australia mostra una mortalità del 4% per chi osserva in modo completo i buoni stili di vita contro il 24% per chi non li osserva affatto.
Tutto ciò avviene perché abbiamo dimenticato in medicina un concetto importante è una parola che lo esprime: prevenzione.
Spesso affermiamo che abbiamo il diritto alla salute, ma ogni diritto si accompagna a doveri come quello di mantenere la propria salute.
Lo dobbiamo Prima di tutto a noi stessi ma abbiamo anche un dovere sociale perché viviamo in un periodo in cui le cure sono gratuite grazie alla presenza di un Servizio sanitario nazionale. Quindi il mantenere la nostra salute ha un riflesso importante anche sulla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale che dovrebbe essere utilizzato solo per curare le malattie che non sono evitabili.
Se tutti smettessero di fumare potremmo chiudere un gran numero di chirurgie toraciche necessarie per intervenire sul tumore del polmone. Se evitassimo le malattie croniche potremmo dimezzare gli oltre 20 miliardi di euro che spendiamo ogni anno per acquistare farmaci.
Abbiamo quindi bisogno di una grande rivoluzione culturale che rimetta al centro dell’attenzione la prevenzione con lo scopo di evitare le malattie.
È un cambiamento di cultura a cui vanno educati anche i medici e a cui deve partecipare tutta la società inclusa la politica che deve creare le condizioni perché la prevenzione sia all’apice dell’attenzione.
Purtroppo non si può sottacere che la prevenzione ha un conflitto di interessi con l’attuale modo di insegnare e operare in medicina. La medicina ha ottenuto grandi risultati nella cura delle malattie ma è anche divenuta un grande mercato e come tutti i mercati vuole continuare a crescere. Per crescere la tendenza è una “medicalizzazione della società”, offrire cioè soluzioni anche per tutto ciò che non le richiede perché sarebbe evitabile.
Una rivoluzione culturale richiede tempo ma dipende da noi accelerare. Ad esempio realizzando anche in Italia un maggior coinvolgimento di tutti i livelli di educazione scolastica ai problemi della salute, istituendo finalmente una Scuola superiore di sanità per formare i dirigenti del Servizio sanitario nazionale a questo nuovo tipo di cultura inserendo la prevenzione nei compiti della medicina del territorio.
Inoltre occorre realizzare un’informazione indipendente evitando che l’informazione sia realizzata solo dal mercato.
Un compito non facile, ma necessario se vogliamo diminuire gli anni di cattiva qualità di vita nella nostra vecchiaia.